
E’
un autentico “on the road” quello
che il giovane Christopher McCandless compie “into
the wild”, bruciandosi alle spalle carte
di credito e documenti d’identità
insieme ad un passato ingombrante, prendendo il
nome di Alexander Supertramp e lasciandosi dietro
tutto, auto, famiglia, legami. Tranne i libri,
che sotterra ma poi recupera, accompagnando i
momenti di maggiore solitudine con le letture
di Jack London e Tolstoj. E’ un viaggio
di incontri, di affetti anch’essi persi
e lasciati per inseguire una sola ossessione,
quella di ritrovarsi faccia a faccia con la natura
selvaggia, finché da questa natura meravigliosa
resta sopraffatto e ucciso. Ed è un viaggio
che ci travolge il suo, in un turbinìo
di emozioni, tramonti, annotazioni del diario,
treni in corsa, immagini che stordiscono, paesaggi
che tolgono il fiato, ricordi, ritmato sulle canzoni
di Eddie Vedder dei Pearl Jam e su tutta una splendida
colonna sonora.
Sean Penn, regista sempre più in stato
di grazia, ci accompagna avanti e indietro nei
due anni del viaggio senza ritorno di McCandless,
tra i giorni del magic bus dell’Alaska e
quelli della fine del college e tutti gli incontri
fatti lungo la strada, narrando con le voci alterne
del ragazzo in viaggio e della sorella che ricostruisce
un passato abbandonato e una famiglia che ritrova
l’amore solo nella perdita. Sconvolge con
la bellezza delle immagini e la forza dell’emozione,
disegna con perfezione tecnica e arriva dritto
al cuore.
McCandless ha l’entusiasmo fisico, il sorriso
affascinante e la sofferta passione di Emile Hirsch,
interprete straordinario (inaudito averlo escluso
dalla corsa agli Oscar!). Ne esce il ritratto
di un ragazzo duro e incantevole, che conquista
col suo calore e la sua comunicativa e al tempo
stesso ferisce nel suo ostinato abbandono di ogni
cosa e persona, per annotarsi in fin di vita che
la felicità è reale solo se condivisa.
I momenti che precedono il finale sono di commozione
altissima (e fanno perdonare qualche lungaggine
di troppo): la lunga carrellata sui tanti che
lo aspettano o a cui ha toccato la vita come un
angelo di passaggio, dall’inquadratura di
spalle dopo il saluto al vecchio che non rivedrà
più fino al pianto desolato del padre (un
meraviglioso William Hurt) seduto impotente in
mezzo alla strada.
Voto: 8
Gabriella Aguzzi